venerdì 23 ottobre 2009

FIANO CASA DI BALL MONTECORVINO ROVELLA

Fiano di Baal 2008 Colli di Salerno igt

14/07/2009

CASA DI BAAL

Uva: fiano
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio

CREATOR: gd-jpeg v1.0 (using IJG JPEG v62), quality = 85
Annibale Salerno con la moglie Annamaria e le figlie Giusy e (a sinistra) e Francesca

Sole, sole, sole. La luce catturata, selezionata e bevuta. Un piccolo grande bianco del Sud. Nasce nell'azienda di Annibale Salerno su un poggio delle colline di Montecorvino Rovella, nel Parco dei Picentini, a metà strada tra Salerno e Paestum di cui abbiamo già tenuto il battesimo. La proprietà è di oltre 30 ettari, specializzata in olivicoltura tanto che questa azienda è l'unica in Campania, assieme a I Capitani a Torre le Nocelle in Irpinia, ad avere contemporaneamente frantoio e cantina attrezzati in proprio.

Il figlio Mario si occupa dell'olio con il papà, le figlie Giusy e Francesca, laureate e sinora impegnate altrove nel mondo del lavoro, si stanno impegnando con sempre maggiore attenzione al vino: nel 2006 infatti la famiglia ha deciso di fare il salto passando aggiungendo alla secolare tradizione vitivinicola anche l'etichettatura e l'imbottigliamento. L'incontro con Fortunato Sebastiano è stato salutare: ordine nel vigneto eliminando con un programma di riconversione verso il Fiano e l'Aglianico elimando merlot, sangiovese, barbera, trebbiano e altre uve inutili messe negli anni '60-'70.

Il Fiano 2008 è il primo, fortunato perché gode di un'annata equilibrata, anche se in misura minore rispetto alle zone più fredde dell'interno, ma i benefici ci sono tutti, come abbiamo già avuto modo di vedere con i bianchi del vicino Cilento il cui clima è sostanzialmente lo stesso, caldo, iodato e salmastro. In linea d'aria qui siamo a una decina di chilometri dal mare, l'altezza, il maestrale e i venti serali del Massiccio del Terminio contribuiscono molto alla salubrità dell'uva e a mantenere i principi di una agricoltura sana senza eccessivi trattamenti. L'azienda è iscritta all'organismo di controllo per l'agricoltura biologica.

Sole, sole, sole. Il colore di questo Fiano è paglierino carico brillante, il naso profuma di pera, percoca, ciclamino. In bocca è una vera bestia: strutturato e alcolico (siamo oltre i 14 gradi), per fortuna che c'è una brillante freschezza a far scivolare il tutto in attesa di un maggiore equilibrio che può regalare solo lo scorrere dei mesi. La mano irpina di Sebastiano si vede soprattutto dall'approccio un po' scorbutico, o, meglio, non ruffiano e piacione, in bocca le note fruttate prevalgono e acquistano fascino grazie ad una piacevole sapidità.

Siamo di fronte ad un vino importante, per certi versi ambizioso. Quale ambizione? Anzitutto quella di concentrare mentalmente chi lo beve, non si tratta di un bianco che scorre conversando senza pensarci sopra. Poi anche la voglia di guardare negli occhi le migliori versioni di Fiano in circolazione senza timidezza.

Aspetterei ancora qualche mese prima di iniziare a consumarlo. La sua struttura ci consente infatti di piazzarlo tanto sulla tavola dell'alta gastronomia quanto sulla cucina terragna autunnale, penso alla stagione dei funghi come a quella delle castagne.

Bravo Baal.

Sede a Montecorvino Rovellla. Località Macchia, via Tiziano 14. Tel. 089 981144 Fax 089 981143. www.casadibaal.it. info@casadibaal.it Enologo: Sebastiano Fortunato. Ettari: 30 di proprietà di cui 4,5 vitati. Bottiglie prodotte: 15.000. Vitigni: aglianico, merlot, barbera, fiano

giovedì 22 ottobre 2009

LA FABBRICA DEI SAPORI N° 1

La Fabbrica dei Sapori…” è frutto della lunga attività di Cosimo Mogavero nel settore della ristorazione iniziata nel 1984, anno di apertura della pizzeria Victoria di Battipaglia realizzata insieme alla moglie Anna Guarracino. Grazie all’esperienza maturata dopo oltre un decennio di intenso lavoro, insieme al fratello Antonio, per il perfezionamento e la definizione precisa di un rigoroso processo produttivo artigianale, Cosimo Mogavero ha ideato e messo a punto un sistema di fornitura di pizze direttamente preparate all’interno di altre pizzerie con proprio personale e gestite da terzi provvedendo a curare sia l’immagine esterna dell’esercizio sia la preparazione degli addetti al servizio al tavolo. Tale approccio ha consentito l’affermazione di un funzionale e innovativo modo di operare, che si è concretizzato nello sviluppo dei marchi Ciripizza e Pizzia, il primo dei quali interpreta gli standard più aggiornati dal dibattito sul cibo slow maturato in questi anni, con servizio ai tavoli e la fruizione di un ambiente accogliente e fondato su un’offerta di numerosi servizi complementari. Il secondo, in quanto tipico format fast self service, soddisfa le esigenze di un consumatore attento che vuole coniugare la qualità con il recupero dei tempi. Attualmente tre sono i locali operanti con marchio Ciripizza di cui due a Salerno e uno a Milano, il primo punto in franchising in Italia. Due, invece, i locali con marchio Pizzia, uno a Salerno e un altro a Eboli. Cosimo Mogavero ha dedicato gran parte delle sue energie alla valorizzazione e alla promozione della pizza tradizionale campana nelle sue varie espressioni e interpretazioni locali – partecipando allo sviluppo e alla diffusione, in Italia e all’Estero, della cultura della qualità nella produzione e nella trasformazione delle materie prime, nella gestione del processo produttivo artigianale e dei servizi erogati al cliente e, infine, nella formazione e nella qualificazione degli operatori coinvolti nella filiera produttiva.
Una filiera completa dal laboratorio al consumo finale, tutto in pochi metri
Consulenza e servizi per la pizzeria tradizionale campana artigianale, in particolare riguardanti i seguenti aspetti (punto forte di Cosimo Mogavero, del prof. Eugenio Luigi Iorio e di altri professionisti del settore pizzeria tradizionale): - materie prime (fasi di logistica in ingresso, loro preparazione e logistica in uscita delle stesse, in modo da poterle trasportare nei punti vendita con l’insegna Ciripizza e Pizzia); attrezzature dedicate; metodi; processo produttivo; controllo; organizzazione; formazione; avviamento; fattibilità ; progettazione; promozione; sviluppo; assistenza; filiera produttiva; forniture; franchising; bar; pizzeria Cirpizza e Pizzia; cucina; eventi di carattere enogastronomico (gastronomia tipica campana, italiana) e di altre tipologie che comunque ruoteranno attorno al tema della gastronomia; mostre; libri (corner di Corrado Barberis e Luciano Pignataro ); convegni; degustazioni; laboratorio; corsi di cucina; ricevimenti.

“La Fabbrica dei Sapori…”
Via Spineta, 84/C
84091 Battipaglia (SA)
Tel: +39 0828 630021
Fax: +39 0828 630942
www.lafabbricadeisapori.it
comunica@lafabbricadeisapori.it
Aperta tutti i giorni dalle ore 8 alle ore

Tenuta salerno

Bianco di Baal 2006 Colli di Salerno igt

15/10/2007

CASA DI BAAL

Uva: fianco, malvasia, trebbiano
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio

Dopo anni di sostanziale immobilismo, anche la campagna salernitana ha iniziato a mettersi in moto. Parliamo di territori molto vocati sia perla composizione del terreno, argilloso e calcareo, sia per l'esposizione delle colline, tra i 100 e i 300 metri, tutte sdraiate di fronte al mare, ventilata e con buona escursione termica. Una agricoltura segnata soprattutto dall'olivo, ma anche da una vigna mista composita di numerosi vitigni, sangiovese, barbera, merlot, aglianico, piantati fra gli anni '60 e '70. Proprio questa indecisione varietale di territorio è stata all'origine delle scelte fatte da Silvia Imparato all'inizio degli anni '90, ora però sta emergendo con molta forza la voglia di puntare su due vitigni, aglianico e fiano, seguendo l'esempio di successo, agricolo e commerciale, del Cilento. Così ha fatto Mila Vuolo, così Fabio Miletto nella sua tenuta La Torretta a Battipaglia, così si stanno riconvertendo i quattro ettari e mezzo di vigneto in questa azienda agricola acquistata nel 1978 dalla famiglia Salerno giunta ormai alla quarta generazione impegnata in agricoltura, specializzata nella coltivazione di olivi (Rotondella, Frantoio e Leccino) che vede impegnati il papà Annibale al lavoro in campagna, i figli Mario per l'olio, Giusy e Francesca per il vino. Dopo aver conferito le uve per lunghi anni, nel 2005 si è deciso di mettersi in proprio con l'aiuto di Fortunato Sebastiano, il giovane enologo di Ariano Irpino già impegnato nel Salernitano con De Conciliis, Reale, e, in zona, con la nuova azienda di Nicodemo a Pontecagnano. Enologi diversi, dicevamo, ma un indirizzo unico, Aglianico e Fiano. Oppure, come nel caso di Longo a Bellizzi che ha le vigne qui vicino, Moscato e Lambiccato. La proprietà della famiglia Salerno è di circa 30 ettari, ben tenuta come un giardino, una collina a cento metri che affaccia sulla Piana del Sele con vista sul mare e la Costiera Amalfitana: casa, frantoi (tradizionale in pietra e moderno a ciclo continuo) e cantina. Con l'uva si è deciso insomma di percorrere la stessa strada fatta per l'olio, imbottigliato e in bel packaging, che consente soddisfazioni e soprattutto reddito (la marca è L'Oliveto, www.loliveto.org ). I due vini della prima vendemmia etichettata, dunque, sono di transizione, con le vigne in conversione (via barbera e sangiovese sostituiti con l'aglianico, idem per il trebbiano sostituito dal fiano). Possiamo giudicare dunque la frutta del 2006, davvero eccezionale, dopo aver saggiato in vasca la vendemmia 2007 che si presenta all'insegna di ottime prospettive sia per il Fiano che per l'Aglianico, destinati a diventare preponderanti nel nuovo taglio delle masse e dunque maggiormente caratterizzati in bottiglia. Il Rosso di Baal 2006 è davvero vigoroso, ben fruttato dopoil primo impatto eccessivamente legnoso dovuto all'uso di tonneaux nuovi, di ottimo spessore, fresco, bella la trama costruita dai tannini già risolti. Il Bianco di Baal ha invece un impatto aromatico molto forte, simile al Dry Muscat della Cantina di Venosa, dovuto al connubio tra la malvasia, forse anche un po' di moscato e il fiano, ma la beva è significativamente fresca e strutturata nonostante il trebbiano, davvero gradevole. Una occasione ghiotta per quei ristoratori che da qui a marzo non hanno più vino bianco da consumare perché in Campania è finito quasi tutto, complice il lungo caldo e l'ulteriore alleggerimento della cucina. Da abbinare ai frutti di mare o al baccalà in agrodolce, oppure anche ad una buona provola da latte di bufala.

Sede a Macchia di MontecorvinoRovella. Via Tiziano, 14. Tel. 089.981143. info@casadibal.it . Enologo:Fortunato Sebastiano. Ettari: 30 di cui 4,5 vitati. Bottiglie prodotte:5000. Vitigni; aglianico, barbera, sangiovese, merlot, fiano, malvasia, trebbiano.

Olio la torretta battipaglia

Caratteristiche

Tutte le caratteristiche della DOP - L'Extravergine Torretta

Prodotto dagli olivi che sorgono nel paesaggio collinare tra Battipaglia, Montecorvino Rovella, Campagna, Serre ed Eboli, le sue piante secolari sprizzano olio dalla prima metà del '900. Un fruttato pulito, di oliva con freschi profumi di erba. Un intrigante sentore di carciofo e mandorla amara con toni piccanti. La cooperativa Torretta nasce nella sua composizione attuale nel 1998.

Gli ettari di oliveto interessati alla produzione del lotto di olio certificato sono circa 90 per un totale di 25000 piante allevate a vaso. L'azienda rientra nell'albo Icea per la coltivazione biologico.

La Storia

Oggi il vecchio frantoio a pressa non esiste più. E' stato sostituito da un impianto per la molitura fatto di tecnologie innovative. Uno staff di tecnici qualificati segue il processo di trasformazione delle olive in olio, controllando con rigore il rispetto dei parametri e dei tempi di gramolatura , la temperatura della pasta, la quantità e la temperatura dell'acqua utilizzata per l'estrazione.

Dietro i risultati degli ultimi anni c'è di sicuro l'impegno e la passione di Maria Provenza, assaggiatore capo panel, tecnico di qualità oltre che responsabile del settore commerciale d'azienda. Una lunga formazione presso l'Onaoo di Imperia, dieci anni di esperienza professionale attiva ed una vita sul campo. Dell'infanzia tra gli ulivi restano vivi i momenti magici della raccolta quando prima che il papà rilevasse la produzione nel 1974, era il nonno ad occuparsene. Nel '95 i macchinari, ormai strumenti d’epoca vengono sostituiti con tecnologie più aggiornate e la vecchia struttura demolita. La cooperativa nasce nel '98 e prende il nome dalla località in cui sorge lo stabilimento, Torretta. Nel '99 vengono fatte ulteriori modifiche.

L'azienda è oggi attrezzata per puntare sull'educazione alimentare e da qualche tempo ha intrapreso progetti didattici con le scuole elementari, medie e superiori con degustazione conclusiva della visita. Presente nelle maggiori fiere d’Eur1opa, esporta in Svezia.

La Torretta s.c.r.l. Via Serroni Alto, 29 - Battipaglia (SA)
Tel/Fax:0828/672615 - info@oliotorretta.com

martedì 22 settembre 2009

GUIDA ESPRESSO 2010:ANTICIPAZIONI...

Anticipazioni Guida Ristoranti Espresso 2010, Vizzari a Licia Granello: Campania prima

15/08/2009


Enzo Vizzari (FotoPigna)

Riflessioni a margine dell'articolo su Repubblica: cosa sta cambiando in Italia e perché al Sud una volta tanto le cose vanno meglio

Consueta intervista di Ferragosto su Repubblica di Licia Granello al curatore delle Guide Espresso Enzo Vizzari e bella sorpresa aprendo il giornale: la Campania è prima. Tre novità (Il Mosaico a Ischia, Capo La Gala a Vico Equense, Il Comandante a Napoli) su cinque degne di menzione (gli altri sono Matteo Torretta del Savini di Milano e Martin Obermarzoner dello Jasmin di Chiusa in provincia di Bolzano). Ritorno all'antico con spaghetti cacio e pepe di Heinz Beck (il cui motore è carburato dalla moglie e dalle suocera siciliane) come piatto dell'anno e pranzo dell'anno a Villa Crespi da Antonino Cannavacciuolo.

L'ambizione della Guida è raccontare, anno dopo anno, l'Italia che cambia a tavola. Siamo passati in pochi anni dalle richieste di bis con i camerieri che giravano con le zuppiere tra i tavoli alle affannate richieste di mangiare un solo piatto. Non è solo la necessità di meno calorie: è che si mangia proprio di meno.

Nonostante la spinta colonizzatrice del cibo anglosassone prodotto dalle catene alimentari di cui Dario Bressanini è ghiotto oltre che assiduo frequentatore, sostenuta dalle multinazionali e da massicci investimenti pubblicitari, per fortuna il nostro mangiare italiano, anche quando troppo, è fondamentalmente sano e buono, soprattutto al Sud le cui tradizioni sono più impermeabili alle mode e alle tentazioni del momento.

Ma lo stile italiano, quando si esce dalla cerchia dell'alta ristorazione, arranca. In affanno la fascia di mezzo soprattutto, costretta alla concorrenza dall'alto e dal basso, quella dei precotti e del cibo in franchising. Anche i ragazzi che aprono ristoranti gourmet per distinguersi (Il ristoro degli Angeli a Salerno, l'Accartocciato a Cava de' Tirreni, Il Poeta Vesuviano a Torre, Sud a Quarto, Locanda Severino a Caggiano per citare le ultime aperture) devono stare ben lontani dalle cifre che avrebbero potuto chiedere solo qualche anno fa. Del resto, a pensarci, 35 euro che noi consideriamo economici sono le vecchie 70.000 che io, benché figlio di borghese, vedevo con il cannocchiale sino a quando non ho iniziato a lavorare. Uscire in compagnia significava cacciare 140.000 lire, quasi proibitivo.

Le pizzerie dunque, con qualche primo, ma anche lo stile bistrot come il Mavian in provincia di Benevento. Questo fa tendenza. E questo dovremo raccontare sempre di più perché qualunque sia la forma e il modo, alla fine la differenza la faranno la qualità e la tecnica.
E poi catering e banchettistica di valore costituiscono la nuova frontiera del reddito gastronomico. E anche qui è possibile lavorare alla grande come dimostra InTavola.

In questo contesto la Campania funziona. Devo dire, senza supponenza, tutti noi lo notiamo soprattutto quando si va fuori regione verso il Centro-Nord perché la prima cosa che balza subito al palato partenopeo è la consistenza valoriale della materia prima, una cosa che si capisce immediatamente e che non richiede neanche troppo esercizio essendo qualità ben esercitata da piccoli. Mentre, con il resto del Sud, la materia è la stessa sublime (cazzo eccome se c'è) ma la differenza resta sempre, mediamente abissale, il servizio. La cornice. Dico sempre che i napoletani stanno al cibo come i francesi al vino.


Andrea Aprea, chef del Comandante dell'Hotel Romeo a Napoli

Ma senza entrare troppo nel merito, cioé la tradizione, la formazione cibica metropolitana, le risorse territoriali e la varietà, dobbiamo sottolineare una cosa che Vizzari ben dice nell'intervista: ormai c'è una terza generazione al lavoro. Cosa di cui non si sono accorti quelli che ancora pateticamente si dividono tra filo-alfonsiani e filo-gennarino, per non parlare di vetusti gourmet che mettono sullo stesso piano la ricerca della vera minestra maritata con quella del Santo Graal. Entrambi somigliano a Pansa che ha scoperto dopo 60 anni le violenze partigiane, guarda caso con la destra egemone culturalmente e al potere politicamente, al netto del valore degli accadimenti storici dell'epoca. Insomma, parlano del passato che non ha alcun riverbero con il presente.
Per non parlare delle storie sui conti pagati e non pagati che fanno tanto Ku KluxKlan, gimo gimo gnu gnu, per il fascino culturale delle argomentazioni.

Chi gira il territorio si accorge invece di continue aperture, di chef giovani che osano, di uno stile, un varietale direbbero gli esperti di vino, unico e ben riconoscibile: materia prima appena toccata, al massimo divertita, aggiornamento di tecnica, gioco con la tradizione vissuta come risorsa da innovare e non come protocollo da subire. Diciamo la pastiera scomposta di Scarallo per capirci al volo e tutti.

La Campania è il terreno principe dello scontro tra razionale e irrazionale. Questa dialettica aspra e difficile, capace di regalare le emozioni più forti come mi dice sempre Riccardo Cotarella, ma anche le soddisfazioni più grandi, hanno fatto sì che negli ultimi mesi proprio dalla regione che tanto deve a Vizzari sono partite le peggiori porcate.
Enzo ha avuto la invidiabile forza di restare fermo al piatto, rinunciando a capire come i maggiori beneficiati della critica gastronomica italiana adesso improvvisamente ne parlano come l'impero di Satana in una trasmissione pensata per cameriere discinte e impiegati frustrati.
In realtà è molto facile entrare nel meccanismo mentale degli aggressori alla luce di questa analisi: spuntando sulla scena la terza generazione, alcuni della prima e alcuni della seconda, uniti prima dall'odio ora dalla vista piccola, invece di governare il processo di crescita ne hanno avuto paura e si sono lanciati della consueta tecnica di demonizzare e distruggere. Sono ben noti i partitori dilettanti utili idioti e i presunti giornalisti professionisti che hanno scritto la balbuziente scenografia scimmiesca. Pensavano di lavorare per qualcuno, in realtà hanno operato contro la Campania.
Anche questo atteggiamento patetico, perché il corso biologico delle cose è inarrestabile e se tu sei stato il primo devi essere contento che dietro ce ne sono altri cento, di cui magari 80 anche più bravi. Perché, alla fine, sarai stato sempre il primo sul piano storico.
Vale per il cibo, per il vino, per tutto: ci vuole tanto a capire questa regola e vedere il futuro come opportunità anche se non si è più gli unici protagonisti?

Tutto qua. Dalla tradizione cetarese, allo straordinario Andrea Aprea del Comandante, la Campania vive davvero il suo momento magico, il migliore di sempre. Lo testimonia la vivacità delle associazioni (Ais, Slow Food e tante tante altre) e, mi si consenta, anche della rete. Finalmente in questi ultimi sei anni una scuola di narratori e degustatori si è affacciata sulla scena, giovani preparati come i loro coetanei enologi e chef. Una massa critica reale e virtuale di una ventina di ragazzi che sta operando nonostante tutte le difficoltà e le contraddizioni quotidiane e che stimo profondamente perché non hanno le sicurezze granitiche che avevamo noi alla loro età.

Il futuro si può scrivere, a patto che gli amministratori locali la smettano di vessare e rapinare chi produce.

lunedì 21 settembre 2009

Pontecagnano Faiano, Terra di Vento



Via dello Statuto, 6

84093 Pontecagnano Faiano (SA)

Tel.: 089/201320 – Fax: 089/200151

www.terradivento.it

info@terradivento.it

L’azienda Agricola Terra di Vento, settanta ettari a 200 metri sul livello del mare nel Parco dei Monti Picentini tra lo splendido golfo di Salerno e le dolci colline salernitane, sorge nel territorio Macchia Morese, su cui intervenne la Riforma Agraria alla fine degli anni 70 per liberare le potenzialità produttive inespresse di quella terra.

In questa zona il clima mite e soleggiato e i terreni calcarei e argillosi avvolgono uliveti e vigneti. Grande importanza è data a un’innovazione attenta alla manualità durante tutte le fasi di produzione. Per garantire le caratteristiche organolettiche originarie sia la molitura che la vinificazione iniziano a breve distanza temporale dalla raccolta delle drupe e delle uve e il tutto è eseguito rigorosamente a mano.

Terra di Vento, infatti, non è solo vino. L’azienda produce, oltre all’aglianico Petrale e il fiano Faiano, entrambi IGT Colli di Salerno, anche l’olio extra vergine di oliva DOP Colline Salernitane Settebocche. Quest’olio, che deriva dalle cultivar Rotondella e Frantoio, al naso è fruttato medio ed è di colore giallo con riflessi verdi. Il sapore è fruttato con media sensazione di amaro e piccante.

La vera anima di questa azienda è lo sviluppo e la promozione del territorio e delle tipicità locali.

Nello sguardo cordiale e accogliente di Roberto Nicodemo, titolare insieme a sua moglie Maria Luisa Zottola dell’azienda Terra di Vento, c’è tutto il passato, il presente e il futuro di questa realtà, si può cogliere tutto l’entusiasmo e la passione per la propria terra.

Anche il nome è il frutto di un’emozione, questo deriva da un aneddoto secondo il quale un contadino, trascinando il raccolto col suo carretto, sollevava un polverone che portava “vento di terra” fin sopra il paese. Quel vento di terra è diventato Terra di Vento, una realtà in cui ogni giorno si rinnova l’amore per la terra e si ripete il duro ma autentico e genuino lavoro da cui si ottengono prodotti che oltre al gusto portano con sé, racchiudono una storia, parlano del territorio di origine. Ma Terra di Vento non si limita alla produzione di olio e vino, essa promuove anche la cultura del cibo attraverso l’Osteria Scassaporta che si trova al centro del paese. Qui la famiglia Nicodemo offre ai propri clienti non solo l’olio e il vino di propria produzione ma anche altri prodotti di natura biologica. E’ proprio qui che si rinnova ogni giorno il fortissimo legame che unisce Roberto Nicodemo e Maria Luisa Zottola alle proprie origini e questo è testimoniato anche dai versi semplici della poesia “’Mmiezzo Faiano” di Felice Nicotera che accolgono il visitatore all’ingresso.

OLIO:OLEIFICIO Oì"TORRETTA" BATTIPAGLIA



BATTIPAGLIA

Via Serroni Alto, 29

Tel. e fax 0828. 672615

www.oliotorretta.com. Info@oliotorretta.com

La Sirena d'Oro di Sorrento (1° premio della edizione 2003) è qui, nel paesaggio collinare tra Battipaglia, Montecorvino Rovella Campagna, Serre ed Eboli, modellato da olivi secolari che sprizzano olio dalla prima metà del '900. Un fruttato pulito, di oliva con freschi profumi di erba. Un intrigante sentore di carciofo e mandorla amara con toni piccanti. La cooperativa Torretta nasce nella sua composizione attuale nel 1998, 160 soci olivicoltori, che nella campagna 2003/2004, ha certificato 34.314 chili di olio extravergine di oliva Dop Colline Salernitane (riconoscimento ottenuto tre anni e mezzo fa). Gli ettari di oliveto interessati alla produzione del lotto di olio certificato sono circa 90 per un totale di circa 25000 piante allevate a vaso. L'azienda rientra nell'albo Aiab per la coltivazione biologico.

Oggi il vecchio frantoio a pressa non esiste più. E' stato sostituito da un impianto per la molitura fatto di tecnologie innovative. Uno staff di tecnici qualificati segue il processo di trasformazione delle olive in olio, controllando con rigore il rispetto dei parametri e dei tempi di gramolatura , la temperatura della pasta, la quantità e la temperatura dell'acqua utilizzata per l'estrazione.

Dietro i risultati degli ultimi anni c'è di sicuro l'impegno e la passione di Maria Provenza, assaggiatore capo panel, tecnico di qualità oltre che responsabile del settore commerciale d'zienda. Una lunga formazione presso l'Onao di Imperia, dieci anni di esperienza professionale attiva ed una vita sul campo. Dell'infanzia tra gli ulivi restano vivi i momenti magici della raccolta quando prima che il papà rilevasse la produzione nel 1974, era il nonno ad occuparsene. Nel '95 i macchinari, ormai strumenti d‚epoca vengono sostituiti con tecnologie più aggiornate e la vecchia struttura demolita. La cooperativa nasce nel '98 e prende il nome dalla località in cui sorge lo stabilimento, Torretta. Nel '99 vengono fatte ulteriori modifiche.

L'azienda ora è attrezzata per puntare sull'educazione alimentare e da qualche tempo ha intrapreso progetti didattici con le scuole elementari, medie e superiori con degustazione conclusiva della visita. Presto la partenza di un percorso integrato abbraccerà arte, storia ed educazione: una passeggiata tra gli ulivi, per gustarne i frutti lasciandosi sorprendere dalle tele di autori emergenti adagiate sulle fronde di un teatro naturale unico.

OSTERIA:" IL GALLO E LA VOLPE" OSPIDALETTO D'ALPINOLO

Mugliatielli irpini a Ospedaletto d'Alpinolo: Osteria del Gallo e della Volpe



Con questa afa e la consueta confusione della Costa può essere una buona idea rifugiarsi al fresco, magari sulla montagna di Montevergine in Irpinia, e guardare stupiti le colonne di traffico viaggiando comodi senza ostacoli in senso opposto.

L’osteria aperta al centro di Ospedaletto d’Alpinolo, il paese dei copetari, cioé dei produttori di torrone, si è rifatta il look in sala lasciandosi alle spalle lo stile un po’ folk per abbracciare l’essenzialità minimalista dei locali più aggiornati.

Ma l’anima del locale di Marisa e Antonio Silvestro, nel quale lavorano i figli Emilia Chiara e Davide, resta sempre uguale, la stessa: una proposta semplice, di tradizione, presentata in modo pulito ed elegante.

Arrivare è semplice: l’uscita è Avellino Ovest, alla rotonda si seguono le indicazioni per Mercogliano e poi per Ospedaletto: quindici minuti e arrivate al grande spiazzo con spettacolare affacciata sulla valle dove parcheggerete. Cento metri a piedi, il tempo di dare una sbirciata alla bella cantina organizzata per il pubblico, e poi l’osteria.

Dicevamo dell’anima: piatti tipici e prodotti irpini senza deragliamenti se non nel piatto finale di formaggi dove si spazia in Italia e, ovviamente in Francia. Una impostazione terragna, con alcuni guizzi marini quali la pettola (pasta fresca) con le alici e, ovviamente le diverse declinazioni di baccalà, l’unico modo di mangiare il pesce delle generazioni che furono. In questo periodo è presentato con le noci, giusto per rimanere sul territorio.

Invece della solita batteria di antipastini ammazza secondo, potrete scegliere fra tre proposte (parmigiana estiva, terrina di pollo, affettato di salumi di produzione propria), poi volgervi al primo (ravioli con i talli, lasagnetta con verdure e porcini, classica zuppa di scarola e fagioli). Il punto forte è comunque costituito dai secondi, ciascuno dei quali vale il viaggio: coniglio fasciato, gli straccetti di pollo con verdure, il controfiletto ai porcini e infine i mugliatielli (interiora di agnello) al forno, squisiti, sempre in carta.

Finale con il formaggi oppure con un’ampia scelta di dolci in cui domina ovviamente il torrone declinato in numerose varianti. Molto interessante la carta dei vini, con annate in profondità e giusti ricarichi per far girare la cantina.

I bianchisti soffrono un po’ perché dominano i rossi. Ma, vivaddio, con una cucina che ci consente di berli, una volta tanto.

Vallo della Lucania, U' Parlatorio



Frazione Massa. Via San Pietro Celestino, 66
Tel. 0974.76210, 335.6221266
Chiuso il martedì. Ferie variabili in inverno

Come arrivare. Lasciare la Salerno-Reggio a Battipaglia e proseguire per Vallo. Dopo il centro del paese, salire sulla vecchia statale 18 per un paio di chilometri sino alla frazione Massa. Il locale è nel cuore del caseggiato, ben indicato.

Il successo gastronomico del Cilento passa anche attraverso la nascita di locali nuovi come questo, aperto all'inizio del 2006 nella frazione Massa sotto un vecchio convento che aspetta di essere ripreso e ristrutturato. L'arredamento è di tipo tradizionale, tanto legno e tanta pietra, proprio come ci si aspetta in una trattoria di paese, in cui si pensa più a rifugiarsi dal freddo piuttosto che cercare il fresco, ma questo è tipico dell'Appennino del Sud che ha giocato la sua sopravvivenza in una lunga ed eterna lotta contro il clima rigido al di là di una oleografia creata recentemente. Lo si vede dalla cucina della tradizione, decisa e pesante. L'influenza lucana è annunciata dai salumi, ottima la sopressata della vicina Gioi, presidio Slow Food, e la salsiccia secca oltre che dai formaggi: immancabile la mozzarella nella mortella, cioé nel mirto, così come usavano fare i pastori del monte Gelbison a cui è aggrappata la frazione del capoluogo del Cilento. Purtroppo i caseifici hanno lanciato anche quella con il latte di bufala mentre la vera mortella è ottenuta dalla lavorazione del latte vaccino. Si tratta di un fiordilatte molto ricco prodotto e saporito di animali allevati allo stato semibrado che passano la giornata a brucare tra la collina e la montagna. Dobbiamo dire che la cura per i formaggi è sicuramente una specialità di questo posto, cultura poco diffusa nei locali, perché dobbiamo segnalare un libidinoso misto di formaggio e ricotta di capra, un caciocavallo podolico affogato nel vino rosso, buone pezzature di caciocavallo silano e poi l'immancabile mozzarella. Il recupero dei piatti è filologico: davvero vivo il ricettario dell'orto, dall'involtino di melanzane con la carne ai pomodori gratinati, alle zuccchine ripiene, ai fiori di zucca fritti, alle frittate di asparagi. I primi in genere sono preceduti da una zuppa, cicci maritati o pasta con i fagioli, immancabili i fusilli e i cavatielli con il ragù, buoni i cavatielli conditi con i ciurilli. Con la carne si rientra nella normalità, alla brace agnello, capretto, vitello, le costatelle di maiale con le pappacelle, per poi decollare nuovamente con i mugliatielli (gnummariddi in Lucania), ossia il budello del capretto ripieno e arrostito, le interiora del cinghiale e del maiale soffritte. Una delizia tra le mie preferite che esalta i palati capaci di amare la biodiversità e i sapori creati prima dell'avvento morbidoso e diseducativo degli omogeneizzati prodotti dalle multinazionali. Torte fatte in casa e dolci secchi tipici tra cui spiccano i biscotti al miele per il finale. Il caffé è servito con la Napoletana. Sul vino, dopo qualche incertezza iniziale, ci si sta orientando finalmente solo ed esclusivamente sulla grande proposta cilentana di Rotolo, Cobellis, De Conciliis, Botti, Maffini. Da affare il conto, siamo sui 25-30 euro.

RISTORANTE:"BREZZA MARINA" PAESTUM

Paestum, Brezza Marina



Via F. Gregorio
Laura di Paestum
www.brezzamarina.com
sempre aperto, chiuso il mercoledì. Ferie a gennaio

Lungo la litoranea che porta ai templi di Paestum, strada martoriata per anni e anni da scempi urbanistici che fanno torto quotidiano ai resti archeologici della Magna Grecia, finalmente cominciano ad esserci seri segnali di ripresa. Non solo gli abbattimenti di centinaia di villette abusive decise dall'ex sindaco di Eboli Gerardo Rosania: i grandi alberghi hanno ristrutturato con più attenzione per l'ambiente, qualche vecchio casale è stato ripreso con la dovuta cura dei materiali e le aziende casearie hanno sostituito tristi banconi frigo anni Sessanta in confortevoli e visitabili punti vendita. Anche la ristorazione locale fa la sua parte in questa fase generale di risveglio, con più di qualche proposta degna di nota. A poca distanza dall'Ariston, trovate questo locale dall'ambiente elegante e discreto. Colori sobri, un servizio professionale (ma potrebbe esserlo di più con un menù scritto, anzichè recitato a voce) e cucina esclusivamente marinara. Gli antipasti propongono semplici ricette tipiche della costa come la seppia imbottita di zucchine e uova, qui con l'aggiunta di pomodoro, o nella combinazione mare-terra, come le insalatine tiepide di polipo o seppioline con porcini crudi e limone o, ancora, ci ricordano che siamo alle porte del Cilento, con le alici 'mbuttunate (ripiene) di provola, impanate e fritte. La proposta dei primi piatti è un po' monocorde (paccheri alla pescatrice, linguine all'astice, spaghetti alle vongole) e la genovese di tonno, con il pesce solo stufato e non macerato lungamente nelle cipolle, delude le aspettative. Per continuare, il pescato del giorno al forno con patate (molto buone) oppure alla griglia oltre all'immancabile frittura. In chiusura, tradizionale babà napoletano, millefoglie al cucchiaio con crema chantilly, dolce di pistacchi e mandorle o, più sobriamente un buon sorbetto al limone. Piccola carta dei vini ma equilibrata con buone etichette regionali e ricarichi più che onesti. Conto sui 30 euro.

Ristorante:"LA PERGOLA" Paestum

Paestum, La Pergola



Via Magna Grecia, 1
Tel. 0828.723377
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso lunedi, mai d'estate

Se vi capita di attraversare la piana del Sele e di fermarvi affascinati dalle distese di carciofi o incuriositi dalla lenta laboriosità delle bufale potete decidere di lasciarvi andare ai vostri pensieri lungo il mare di Agropoli, d'inverno ancora più bello, ingresso della costiera cilentana oppure fare una tappa ai templi di Paestum dove a raccontare di questa splendida terra saranno pietre millenarie e un silenzio fuori dal tempo. Se invece avete voglia di ritrovare tutte queste belle cose su un piatto - in un colpo solo ma con ritmi very very slow - allora arrivate in via Magna Grecia, a Capaccio, e fermatevi in questa osteria. Ad accogliervi una bella e gentile signora, sommelier e maga pasticcera con i suoi due gioielli: Adriano in sala e Giovanni in cucina. Un ambiente rustico ma molto accogliente, ancora di più se il camino è acceso. Il benvenuto, una bruschetta con salsetta di pomodoro e una nuvola di ricottina di bufala con una goccia di marmellata al limone. La carta del menù - come quella dei vini - si capisce subito, è scritta da chi ama con decisione e passione il proprio territorio. Il pesce è quello del mare del Cilento, le carni solo bufaline, così come i formaggi, e tra le verdure precedenza assoluta ai carciofi di Paestum. Troppo poco? Assolutamente no. E' incredibile quanti intrecci, accostamenti e incontri è possibile combinare con queste risorse. Basta guardare la lista degli antipasti: parmigiana di carciofi, melanzane ripiene alla cilentana servite con una salsa di pomodoro praticamente perfetta nella sua semplicità, passata di ceci di Cicerale con gamberetti e crostini, rustico con mozzarella di bufala e carciofi, insalatina di seppie e carciofi, cotoletta di borragine ripiena di ricotta di capra e provola. Tra i primi piatti, bella scelta di paste fresche come i classici cavatelli oppure i ravioli di scampi e polipi ma anche vermicelli con cozze e caciocavallo e la calamarata con la ricotta di bufala. Per i secondi ampia scelta di mare e di terra, tutto locale come si è detto, nulla è inventato ma solo sperimentato con un po' di fantasia e attraverso la sapienza della cucina contadina. Il baccalà è preparato in pastella con le cipolle, i polipetti affogati serviti sulla crema di patate, il filetto di ricciola con i gamberetti e una leggera salsetta all'olio extravergine di oliva (dop del Cilento, naturalmente). La carne di bufalo è cucinata - è il caso di dirlo - in tutte le salse, con pomodorini e mozzarella per gli straccetti, con l'aceto balsamico o funghi il controfiletto, con la polenta lo spezzatino. Nella scelta dei vini giusta attenzione ai piccoli produttori campani e a qualche buona etichetta nazionale. Si chiude in bellezza con dolci ben eseguiti e ben presentati, come la torta di noci o la crostata di ricotta di bufala con cioccolato caldo. Conto sui 30 euro.

Come arrivare
Lasciare la Salerno-Reggio a Battipagliae prendere la direzione Paestum. Uscire a Capaccio, piegare a destra, dopo il sottopassaggio,all'incrocio girate a destra e proseguite per duecento metri. Il locale è sulla sinistra.